Se si digita ‘permanent make up’ su Google, il motore di ricerca può restituire risultati contrastanti tra loro, che possono confondere l’utente sulla vera natura di questo trattamento, rischiando di orientarlo su soluzioni estetiche inadatte alle sue reali esigenze. Vediamo di far luce su questa questione.
Non c’è dubbio che la parola permanente possa trarre in inganno e alimentare interpretazioni scorrette sul PMU: nel linguaggio comunemente usato ‘permanente’ è qualcosa di definito, ad esempio un ‘danno permanente’ è qualcosa di irreparabile, con cui bisogna imparare a convivere. Bisogna considerare che questa parola, però, può essere usata con diverse sfumature e non in maniera assoluta: permanere significa qualcosa di continuo e duraturo, ma non per forza eterno.
Il trucco permanente (PMU, permanent make up) prende così l’accezione di un make up in grado di mantenersi stabile in un arco di tempo sufficientemente ampio ed è precisamente ciò a cui mira questo trattamento estetico.
Il PMU è una forma di dermopigmentazione, che deposita dei particolari pigmenti biocompatibili nello strato più superficiale della pelle, per colorare le aree desiderate e creare lo stesso effetto del make up, con il vantaggio che, poiché sono protetti dall’epidermide e legati alle sue cellule, non viene intaccato, alterato o danneggiato dai fattori esterni: appoggiare la testa su un cuscino o strofinarsi sovrappensiero il viso, sudare in palestra, andare in piscina, essere bagnati dalla pioggia sono tutte cose ininfluenti per il trucco permanente! In ogni momento della giornata il PMU sarà sempre impeccabile, senza richiedere preparazione la mattina, strucco la sera o ritocchi nel corso del giorno. Si tratta, però, di una procedura non definitiva: i pigmenti, per la loro natura, vengono gradualmente riassorbiti dalla pelle, limitando così la permanenza del PMU a un periodo di mediamente un anno.
Il tatuaggio cosmetico è concettualmente simile alla PMU e ciò può essere alla base della confusione sia delle persone interessate al trattamento estetico che di Google: si tratta anche qui di dermopigmentazione che prevede il deposito di pigmenti nell’epidermide, in modo da far sembrare la pelle come se fosse coperta dal make up; come la maggior parte dei trattamenti di PMU, il tatuaggio cosmetico utilizza un macchinario elettronico e automatizzato per iniettare il colore. I risultati del tatuaggio cosmetico sono però definitivi, poiché il processo è assimilabile a quello di un tatuaggio vero e proprio.
Come mai, pur essendo così simili, PMU e tatuaggio cosmetico danno risultati così differenti? I loro processi si differenziano per due fattori che determinano la durata degli effetti del trattamento: i pigmenti e la profondità con cui sono depositati. Quelli del PMU sono biocompatibili e pensati per essere riassorbiti dal corpo, e vengono depositati su uno strato superficiale della pelle che è quindi soggetto a un maggiore ricambio cellulare; quelli del tatuaggio cosmetico usano componenti diversi che vengono iniettati più in profondità (con anche maggior dolore!), in una combinazione pensata appositamente per non essere alterati in alcun modo… o quasi.
Il tatuaggio cosmetico può scolorire nel tempo come altri tatuaggi e può risentire della perdita di elasticità della pelle a causa dell’invecchiamento, subendo così alterazioni nella forma; inoltre, si corre il rischio concreto di ottenere un risultato di bassa qualità o di non essere più soddisfatti del look inizialmente scelto, vuoi perché ormai fuori moda oppure che ha semplicemente stancato: in tutti i casi ci si può fare ben poco se non conviverci o sottoporsi a dolorose procedure di rimozione.
Il PMU invece è immune a questi problemi e permette di seguire liberamente la moda stagione dopo stagione; se invece si desidera conservare un look già definito, i costi del trattamento di ritocco e rinnovo sono molto inferiori a quelli originari; infine, se ci si è stancati del make up, basta lasciarlo svanire naturalmente senza ulteriori sedute.